Colpo di scena: la Corte di Cassazione annulla le sentenze "gemelle" del Consiglio di Stato che torna a pronunciarsi
La Corte di Cassazione, con la sentenza 32559 del 23 novembre 2023, ha annullato una delle due sentenze "gemelle" - la numero 18 - del Consiglio di Stato che avevano invalidato la proroga delle concessioni balneari fino al 2033.
La decisione, però, non riguarda il merito della controversia, bensì aspetti procedurali.
La Suprema Corte, infatti, ha accolto il ricorso presentato dall’associazione Sib-Confcommercio e dalla Regione Abruzzo, le quali erano state escluse dal processo decisionale del Consiglio di Stato ed ha riconosciuto un eccesso di giurisdizione da parte del Consiglio di Stato, invalidando il precedente provvedimento e richiedendo un nuovo pronunciamento.
Tuttavia la Corte non ha espresso alcuna considerazione sulle questioni più controverse sollevate dai ricorrenti, tra cui la legittimità della proroga delle concessioni al 2033 e la sua sostituzione con un regime che le avrebbe mantenute valide solo fino al 31 dicembre 2023.
A ciò si aggiunga che la pronuncia della Cassazione é arrivata dopo che la normativa sulle concessioni balneari è stata modificata dal legislatore che con il d. lgs. 118/2022 ha abrogato la proroga al 2033 e stabilito l’obbligo di bandire nuove gare per le concessioni entro la fine del 2023.
Il Consiglio di Stato, quindi, è stato chiamato ad un nuovo pronunciamento: infatti la Cassazione ha chiarito che spetta ai giudici amministrativi pronunciarsi “alla luce delle sopravvenienze legislative”, facendo riferimento al ruolo attivo del Parlamento e del governo nella recente evoluzione normativa.
E le sopravvenienze legislative da considerare sono certamente la l. 118/2022 ma anche la l. 14/2023 che ha, di fatto prorogato al 31.12.2024 il termine di efficacia delle concessioni in essere.Il legislatore, infatti, in ossequio alle disposizioni della Adunanza Plenaria, aveva fissato al 31 dicembre 2023 il termine ultimo di validità delle concessioni vigenti - termine che sarebbe slittato al 31 dicembre 2024 in caso di impossibilità oggettiva di completare le procedure selettive di affidamento -, precisando che fino a tale data l'occupazione degli spazi demaniali in forza dei titoli esistenti doveva ritenersi "non abusiva".
Successivamente l’art. 12, sesto comma, della L. 14/2023 ha prorogato il termine di efficacia di tali concessioni al 31 dicembre 2024 e l'art. 10-quater, comma terzo, della stessa legge ha differito al 31 dicembre 2025 il termine massimo di validità delle concessioni esistenti nell'ipotesi in cui non sia stato possibile completare le procedure di affidamento.
Neppure una settimana dopo dall'emanazione della l. 14/2023 il Consiglio di Stato ha subito rimarcato l'illegittimità della nuova proroga.
Infatti con la sentenza 2192 del 1° marzo 2023, il Consiglio di Stato ha ribadito “…sulla base di quanto affermato dall’Adunanza Plenaria, con le ricordate sentenze nn. 17 e 18 del 2021, non solo i commi 682 e 683 dell’art. 1 della L. n. 145/2018, ma anche la nuova norma contenuta nell’art. 10-quater, comma 3, del D.L. 29/12/2022, n. 198, conv. in L. 24/2/2023, n. 14, che prevede la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime in essere, si pone in frontale contrasto con la sopra richiamata disciplina di cui all’art. 12 della direttiva n. 2006/123/CE, e va, conseguentemente, disapplicata da qualunque organo dello Stato…”.
Già in precedenza il Consiglio di Stato, con la sentenza 11200 del 27 dicembre 2023, aveva precisato che "i principi enunciati dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza del 9 novembre 2021, n. 17 sono tutt’ora validi dato che, a differenza della sentenza n. 18 del 2021, annullata per diniego di giurisdizione dalla sentenza delle sezioni unite n. 32559 del 23 novembre 2023, quest’ultima non risulta essere stata impugnata. Ne consegue che, alla luce di tali principi, le proroghe delle concessioni disposte dai comuni risultano tamquam non esset".
Infine recentemente il Consiglio di Stato è nuovamente tornato sulla vicenda della illegittimità delle proroghe, riaffermando i principi enunciati nelle sentenze "gemelle".
Nella sentenza 3940 del 30 aprile 2024 il Giudici amministrativi (chiamati a pronunciarsi sul seguente quesito: se l’acquisizione all’asta pubblica di una procedura esecutiva, del complesso aziendale comprensivo dello stabilimento balneare, costituisca una procedura competitiva trasparente sufficiente ad evitare ulteriori procedure per l’assegnazione della concessione) hanno affermato che per soddisfare i principi di concorrenza dettati a livello comunitario, è necessaria una procedura che abbia ad oggetto, sul piano pubblicistico, la sola assegnazione della concessione ad eque condizioni di mercato - garanzie che una procedura espropriativa non assicura e, quindi, la stessa non può comportare il prolungamento dell’originario rapporto concessorio -.
Ma ciò che appare più rilevante è il fatto che sono stati riaffermati i principi enunciati dalle sentenze "gemelle" e, cioè che:
- sussiste, in merito alle spiagge italiane da affidare in concessione, il requisito della scarsità della risorsa naturale, previsto dall’art. 12 della direttiva 2006/123 quale presupposto per l’imposizione di una procedura di gara trasparente ed imparziale per il rilascio delle relative autorizzazioni;
- sussiste l’obbligo di disapplicare le disposizioni normative interne (passate e presenti) che prevedono proroghe delle concessioni balneari.
La pronuncia, inoltre, non solo ha confermato la necessità di disapplicare la disciplina che prorogava le concessioni al 2033 (art. 1, commi 682 e 683, L. 145/2018), ma ha affermato anche l'illegittimità della proroga al 31 dicembre 2024, da ultimo introdotta dalla l. 14/2023.
Avv. Pietro Maria Di Giovanni