Il sistema delle concessioni balneari in Italia prima della direttiva Bolkestein

Le concessioni attraverso le quali lo Stato regola l'uso del demanio marittimo erano, originariamernte disciplinate dal solo Codice della Navigazione (Regio Decreto 327/1942) che all'art. 37 disciplinava l'ipotesi in cui vi fossero più richieste per lo stesso bene demaniale, prevedendo che in tale caso si dovesse dare preferenza alla richiesta che offriva maggiori garanzie di proficua utilizzazione del bene in modo che il suo utilizzo rispondesse all'interesse pubblico più rilevante

Il successivo Regolamento di attuazione, emanato nel 1952, aggiunse la previsione, all'art. 18, dell'obbligo di pubblicare le domande di assegnazione: tale pubblicità consentiva, a chiunque fosse interessato, di presentare osservazioni, reclami o domande concorrenti.

In tale modo si garantiva che il bene demaniale fosse utilizzato nel modo più rispondente all'interesse pubblico.

Soltanto nel 1993 fu introdotto nel Codice della navigazione del cosiddetto “diritto di insistenza”, cioè la possibilità di preferire alla scadenza della concessione, il suo rinnovo in favore del soggetto già titolare della stessa, rispetto ad eventuali nuove domande di attribuzione della concessione.

La concessione aveva una durata di sei anni e la normativa nazionale ne prevedeva il rinnovo automatico salvo che si fossero verificate situazioni tali da giustificarne la revoca per motivi di pubblico interesse ovvero per motivi connessi con il pubblico uso del mare.

Pertanto grazie al diritto di insistenza e alla previsione del rinnovo automatico della concessione, risultava estremamente difficile sostituirsi ad un concessionario: le concessioni balneari, quindi, potevano modificarsi sotto l'aspetto soggettivo soltanto per effetto di accordi tra privati.

L'introduzione del "diritto di insistenza" ha determinato un vero e proprio cortocircuito nel sistema, rendendo di fatto "impermeabile" il sistema alla possibilità che soggetti diversi da coloro che sono già titolari di concessione possano acquisirne una

Il sistema appena descritto è stato messo in discussione dapprima da una pronuncia del Consiglio di Stato (168/2005) e, subito dopo, dalla direttiva 2006/123/CE, la c.d. “direttiva servizi” - o “direttiva Bolkestein”, dal nome del Commissario europeo per il mercato interno dell'epoca – con la quale l'Unione Europea si è posta l'obiettivo di superare gli ostacoli di natura giuridica che si frappongono alla libertà di stabilimento dei prestatori e alla libera circolazione dei servizi negli Stati membri.

Secondo tali provvedimenti l'automatico rinnovo delle concessioni risultava in contrasto con l'applicazione delle regole di evidenza pubblica o con procedure pubbliche, trasparenti e imparziali in modo da consentire anche a nuovi operatori di concorrere, in posizione di sostanziale parità, per l’ottenimento della gestione dei beni demaniali, garantendo, così, i principi di libertà di stabilimento, di parità di trattamento e non discriminazione propri del Trattato dell'Unione Europea.

Uniche eccezioni previste dalla direttiva erano rappresentate dal fatto che il bene oggetto di concessione fosse “scarso” o dalla necessità di giustificare particolari regimi di autorizzazione per motivi di “interesse generale”: soltanto in tali ipotesi è ammessa la deroga all'obbligo della procedura pubblica per il rilascio delle autorizzazioni.

Nonostante le indicazioni comunitarie fossero chiare, l'Italia continuava a perpetuare il sistema sopra delineato, tanto che nel gennaio 2009 riceveva una lettera di messa in mora dalla Comunità Europea che contestava la compatibilità delle norme nazionali che prevedevano il diritto di insistenza e il rinnovo automatico con i principi sanciti dal Trattato dell’Unione europea e dalla direttiva Bolkestein.

Il tentativo da parte dello Stato italiano di resistere alle richieste di Bruxelles ha comportato una ulteriore lettera di messa in mora, notificata a maggio 2010, dopo la quale furono abrogati sia il “diritto di insistenza” che la previsione di rinnovo automatico delle concessioni.

Ciò avveniva a dicembre 2011 e nel successivo mese di febbraio 2012 la Commissione Europea archiviava la procedura di infrazione a carico dell'Italia.

Sembrerebbe che il problema fosse stato risolto ed invece il fuoco ha continuato a covare sotto la cenere, anzi per dirla in tema, sotto la sabbia....


Avv. Pietro Maria Di Giovanni